lunedì 17 agosto 2015

RIVALUTAZIONE COEFFICIENTI: COSA SUCCEDE A CHI VA IN PENSIONE DAL 1 GENNAIO 2016?


Con il Decreto del Ministro del lavoro del 22 giugno 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 del 6 luglio 2015, si è proceduto all’aggiornamento triennale dei coefficienti di trasformazione del montante per il calcolo delle pensioni che verranno liquidate in tutto o in parte con il metodo contributivo a partire dal 1° gennaio 2016.


I coefficienti di trasformazione sono i parametri utilizzati per convertire in pensione annua il montante contributivo maturato dal lavoratore al momento del trattamento pensionistico. La revisione di tali coefficienti, che tiene conto della variazione dell’aspettativa di vita, si basa sulla rilevazione, effettuata dall’ISTAT, delle variazioni demografiche e dell’andamento effettivo del PIL di lungo periodo, rispetto alle dinamiche dei redditi soggetti a contribuzione previdenziale. Sulla base di tali parametri i nuovi coefficienti di trasformazione risultano inferiori agli attuali. I nuovi coefficienti si applicano sull’intero montante contributivo maturato e non tempo per tempo, come più volte richiesto dalla CISL che è critica rispetto ad una impostazione che penalizza i lavoratori. Dal 2019 la variazione dei coefficienti si trasformazione avrà cadenza biennale.

L'importo delle pensioni basate sul sistema contributivo viene determinato sulla base di un tasso applicato al capitale accumulato tramite il versamento dei contributi. Tale tasso dipende dall'andamento del Pil e dall'inflazione e può essere anche negativo

Per determinare l'importo delle pensioni calcolate con il sistema contributivo viene applicato ai contributi versati un "tasso annuo di capitalizzazione". In pratica, tutti i contributi versati per un certo lavoratore vanno a costituire nel tempo un capitale, detto montante contributivo individuale, che viene incrementato in base all'andamento dell'economia. Una somma versata oggi, infatti, avrà un valore ben diverso tra 20 o 30 anni e pertanto l'Inps (o un qualsiasi altro istituto previdenziale) effettua un calcolo per tenerne conto. 

È un meccanismo simile a quello della banca, che applica al denaro che versiamo sul conto un tasso d'interesse variabile in base a criteri legati all'economia generale.
L'incremento del montante contributivo individuale non si basa sul tasso di sconto, come in banca, né sull'andamento dei beni al consumo, ovvero sul tasso di inflazione, bensì l'anda​​mento del Pil, ovvero la variazione della ricchezza prodotta dal Paese nel suo complesso.​​ Il "tasso annuo di capitalizzazione riconosciuto" dall'Inps è pari alla crescita media del "Pil nominale" nei cinque anni precedenti

Il Pil nominale è ricavato dalla somma del Pil reale con l’inflazione. Dunque l'importo delle pensioni future è strettamente legato alla salute dell'economia: finché c'è crescita (e inflazione), il capitale versato aumenta di valore e al momento di maturare il diritto alla pensione il lavoratore potrà contare su un assegno mensile congruo alla situazione economica del momento. Se invece l'economia va male, il "gruzzolo" messo da parte dal lavoratore nel corso del tempo può anche perdere di valore e produrre una pensione di importo più ridotto.

A chi interessa
Questo sistema interessa totalmente chi rientra al 100 per cento nel sistema contributivo, cioè chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995.
Chi a quella data già lavorava avrà la pensione calcolata con un sistema misto, in parte retributivo (cioè basato sulla retribuzione degli ultimi anni) e in parte contributivo (cioè basato sui contributi effettivamente versati).
Chi è andato in pensione con il sistema retributivo, cioè prima del 2011, non corre alcun pericolo, perché la sua pensione è calcolata esclusivamente sulla base dei compensi percepiti nell'ultima parte dell'attività lavorativa, come spiegato nella nostra pagina sui sistemi di calcolo delle pensioni. 

Differenze con la "perequazione"
La rivalutazione del montante contributivo potrebbe essere confusa con la perequazione delle pensioni. La differenza è la seguente:
  • la rivalutazione del montante contributivo viene applicata al montante contributivo individuale, cioè al capitale accumulato dal lavoratore tramite il versamento dei contributi prima del pensionamento;
  • la perequazione viene applicata all'importo della pensione dopo il pensionamento.

Ecco, di seguito, le tabelle con tutti i coefficienti di trasformazione aggiornati



Quando l’età, alla data del pensionamento, non corrisponde a “cifra tonda” (ad esempio, 57 anni e 6 mesi), sono aggiunte al coefficiente le relative frazioni di anno.   

Per esempio, per calcolare il coefficiente di trasformazione di un soggetto che si pensiona a 58 anni e 8 mesi, dovremmo svolgere il seguente procedimento: 4,535 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 59 anni) – 4,416 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni)= 0,119. Dobbiamo poi dividere tale risultato per 12 mesi, ottenendo  0,0099167 circa. Moltiplicheremo il nuovo risultato per le frazioni di anno, in questo caso 8 mesi, ed otterremo 0,079 , arrotondando. A questo punto, dobbiamo sommare quanto ottenuto al coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni, arrivando così al coefficiente esatto per chi si pensiona a 58 anni ed 8 mesi, ovvero 4,495. Applicando il coefficiente al montante contributivo, si otterrà la pensione annuale; diviso per 13 l’importo annuale, si giungerà all’assegno mensile.   

In pratica, se un lavoratore possiede un montante contributivo totale(Quota A più Quota B) di 300.000€, e si pensiona, col calcolo interamente contributivo, a 58 anni esatti nel 2015, avrà diritto ad una pensione annua di 13.248 Euro (300.000 per 4,416%), mensile (diviso 13 mensilità) di 1.019,08 Euro.   

Se un altro lavoratore si pensionasse nel gennaio 2016, con lo stesso montante contributivo e la stessa età, avrebbe diritto a 13.062 Euro all’anno, pari a € 1.004,77 al mese, per effetto dell’aggiornamento dei coefficienti: una perdita annuale di 186 Euro, che va ad aumentare, con la crescita dell’età pensionabile, a causa del differenziale tra vecchi e nuovi coefficienti.  Se, difatti, un soggetto, con lo stesso montante di 300.000 Euro, si collocasse a riposo a 64 anni esatti nel 2015, avrebbe un assegno annuale pari a Euro 15.777; se un altro soggetto si pensionasse nel 2016 con i medesimi parametri, avrebbe un trattamento annuo di 15.477 Euro, con una perdita di ben 300 Euro. 

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esempi tratti da qui

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