sabato 15 giugno 2013

Non umiliate più gli statali, sbloccate gli stipendi!


Sono quattro anni che i dipendenti pubblici sono presi di mira da decisioni inammissibili dell’Esecutivo. Adesso basta. In cinque anni si sono persi, in media, seimila euro per mancati aumenti della retribuzione con una conseguente perdita del potere di acquisto degli stipendi stimata intorno al 6%.
A tutto questo si deve aggiungere l'impatto negativo che la riduzione dello stipendio avrà sulle future pensioni, sul trattamento di fine rapporto e, soprattutto, il danno di avviare il rinnovo triennale del 2015 partendo da una massa salariale più povera.

Si continuano a proporre tavoli tecnici, ma gli acrobati della retorica, di soldi non ne parlano. Ed allora bisogna leggere tra le righe, interpretare le parole dei vari ministri, che tra una smentita ed una conferma, non hanno il coraggio di ammettere di volere prorogare il tappo che dal 2009 va oltre la contrattazione collettiva e blocca le retribuzioni individuali, gli scatti e le progressioni di carriera.

Sono nauseato da come parassiti e tecnici hanno violentato il pubblico impiego con minacce di licenziamento, insulti (fannulloni), riforma pensioni e blocco dei contratti, è assurdo che in nome della razionalizzazione della spesa occorra sempre mettere mano ai portafogli dei più deboli.
Invece di scimmiottare i predecessori, il governo proponga una nuova strategia, apra il confronto, puntando questa volta a non umiliare ulteriormente la dignità degli statali.

Per non parlare della questione relativa al Comparto Sicurezza e Difesa. Si perché ci sono statali e statali, ed il governo vuole gli uomini in uniforme con le scarpe rotte e i piedi emaciati. Le Forze Armate e di Polizia, infatti, si basano su un sistema gerarchico - funzionale nell’ambito del quale le progressioni di carriera e le anzianità di servizio sono componenti essenziali e imprescindibili, a cui devono essere associate crescenti responsabilità e correlate retribuzioni. Quindi è obiettivamente comprensibile la dannosa conseguenza di un blocco di ogni forma di indennità ed avanzamento. Non solo, come se non bastasse, sono destinatari anche di un Decreto di Armonizzazione pensionistica di matrice Fornero, tuttora al vaglio dell’esecutivo, ma il nome in calce della proponente lascia presagire i contenuti funesti del progetto di previdenza.

Inoltre per il personale del Comparto Difesa e Sicurezza il blocco certificherebbe la “vacuità” della tanto decantata “specificità militare” buona solo per i proclami e le manifestazioni di vicinanza in occasioni dolorosissime. Non più tardi di un mese fa, infatti, il Presidente del Consiglio aveva tributato commoventi parole in seguito al ferimento del Brigadiere Giangrande a Palazzo Chigi ed all’omicidio dell’Appuntato Della Ratta a Maddaloni. Parole proferite ovviamente non per circostanza, e con le quali Letta assicurava di dare quanto prima effettiva concretezza al valore della specificità della professione svolta dal personale in uniforme.

 Insomma forze di polizia, militari, sanitari, impiegati, maestri sono stanchi di dover pagare le carenze di un sistema che non funziona, di essere il capro espiatorio di quando i conti non tornano, di dover patire una cattiva amministrazione nuovamente di tasca propria. Eppure la Corte Costituzionale tornerà ad esprimersi (per i magistrati ha già sentenziato favorevolmente nel 2012) il prossimo novembre, questa volta per il militari.

Basterebbe attendere la pronuncia per comprendere che un ulteriore proroga sarebbe insensata ed illegittima. D’altronde si sta provvedendo ad un decreto salva IMU ed IVA, perché non salvare anche gli stipendi di 3 milioni di italiani?

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