Un'altra sentenza vergogna della Consulta. Un nuovo ricorso contro il blocco stipendi con il consueto risultato: rigetto per manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.
Questa volta a richiedere di giudicare sulla legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sono stati alcuni docenti universitari con tre ricorsi, poi riuniti. I ricorrenti hanno lamentato le considerevoli decurtazioni economiche subite e ritenute illegittime soprattutto in seguito alla sentenza nr. 223 del 2012 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 22, del d.l. n. 78 del 2010. A nulla è valso per i docenti sottolineare che l’effetto del blocco di classi e scatti sulle retribuzioni è più incisivo sugli stipendi dei docenti con minore anzianità, rispetto a quelli con oltre sedici anni di anzianità, ledendo altresì, l’art. 53 Cost., in quanto non sono rispettati né il principio di progressività (il blocco colpisce solo una determinata categoria di contribuenti), né quello della capacità contributiva (dato che il meccanismo del blocco colpisce in modo maggiore i titolari di stipendi più bassi);
La Corte con
l’ordinanza 113/2014 ha ribadito che «il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, attraverso cui può
attuarsi una politica di riequilibrio del bilancio, implicano sacrifici
gravosi, quali quelli in esame, che trovano giustificazione nella situazione di
crisi economica. In particolare, in ragione delle necessarie attuali
prospettive pluriennali del ciclo di bilancio, tali sacrifici non possono non
interessare periodi, certo definiti, ma più lunghi rispetto a quelli presi in
considerazione dalle richiamate sentenze di questa Corte, pronunciate con
riguardo alla manovra economica del 1992. Le norme impugnate, dunque, superano
il vaglio di ragionevolezza, in quanto mirate ad un risparmio di spesa che
opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione
solidaristica − sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi
statuti professionali delle categorie che vi appartengono − e per un periodo di
tempo limitato, che comprende più anni in considerazione della programmazione
pluriennale delle politiche di bilancio»;
Insomma dei sacrifici
che milioni di italiani stanno già facendo da parecchi anni alla Corte non
gliene importa nulla. Ne tantomeno i magistrati della Consulta hanno a cuore la
perdita totale di credibilità della magistratura, sempre più intesa come una
casta a sé stante ed incurante che da quattro anni milioni di italiani hanno
perso migliaia di euro, mentre i magistrati neanche un centesimo!
1 commento:
Grazie Lanzo, almeno qualcuno ci informa su che fine fanno i ricorsi sul blocco stipendi
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