La questione dell’abolizione o
della riduzione delle province – annunciata, promessa, modificata, ritirata –
ritorna con una certa frequenza nel dibattito politico italiano. In verità,
cosa accadrà con precisione si saprà entro dieci giorni, quanti il governo se
ne è presi per deliberare i criteri esatti sotto cui le provincie verranno
"accorpate". Alla luce delle bozze circolate in questi giorni, pare
pressoché scontata la soppressione della Provincia di Terni, che con 2.122 km
quadrati di estensione e 234 mila abitanti è ben sotto le soglie prefigurate.
E Perugia? Tra l’altro c’è da chiedersi cosa accadrà a Perugia. Il governo ha
lasciato competenze importanti in capo alle Province: ambiente (soprattutto per
il settore discariche); trasporti e viabilità (anche per quanto attiene la
costruzione, la classificazione e la gestione delle strade). Se sparirà Terni,
però, ci sarà una Provincia coincidente col territorio della Regione con
un’evidente sovrapposizione (se non di competenze) di potere per chi governerà.
Sempre considerando che l’ipotesi di riforma del «Salva Italia» prevede che ad
eleggere il futuro presidente della Provincia non saranno più i cittadini ma
delegati dei comuni e delle unioni comunali.
Se da un lato è vero che in
Umbria le province costano 204 euro pro-capite (tra le più care d’Italia) è
anche vero che la coincidenza tra istituzione regionale e unico ambito
provinciale renderebbe inutile anche la provincia di Perugia che avrebbe
indirettamente competenze “regionali”, dando vita, quindi, ad un clone della
Regione, con competenze non molto differenti.
Vista in tal senso la riforma non
pare la panacea contro gli sprechi delle autonomie locali.
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